7 DIARIO DAL COVID 2

Zona Azzurra

Prima domenica di primavera. Fa un freddo becco e il sole di prima mattina sembrava propenso ad accompagnarci per tutto il giorno e invece se ne è andato senza salutare.

Alche il tempo fa le bizze.

Comunque sia andiamo per gradi e ordine. Seguiamo regole insensate e vediamo che anche il tempo si adatta a questo nostro stato dei fatti.

Credo sia inutile continuare a dire sempre le stesse medesime cose.

Quando la coscienza collettiva non è pronta ad accettare certi eventi, questi eventi non si vedono.

Ieri avevano organizzato una manifestazione contro queste chiusure.

Come al solito la delusione è stata cocente. Quattro gatti, come sempre.

Possibile che, dopo un anno, ancora non venga fuori lo sdegno nello spirito di chi subisce questo blocco continuo? Posso capire chi ha uno stipendio sicuro, che può per ora dormire ancora sonni tranquilli, ma quelli che se non lavorano e non hanno entrate, mi chiedo cosa pensino nelle loro testoline. Sappiamo che gli aiuti dallo stato saranno ridicoli e irrisori. Sappiamo che una attività chiusa muore, lasciando strascichi di debiti che per alcuni diventeranno impagabili.

Eppure come sempre, alzare il sedere dal divano sembra essere diventato impossibile.

Mi fanno tenerezza i simpatizzanti, coloro che vogliono sostenere queste iniziative pur non essendo titolari di nulla, ma forse più consapevoli degli stessi interessati del disastro imminente che sta per arrivare.

Allora mi metto dalla parte dell’imprenditore, dato che in un certo senso lo sono.

Ammetto dentro di me, di quanto sia liberatorio non avere l’incombenza giornaliera del lavoro. Avere a che fare con i clienti sempre più esigenti ( non parlo dei miei, che fortunatamente sono persone sensibili e affettuose nei miei confronti), ma di quelle situazioni dove devi mantenere controllo e calma per non sbottare. Orari sempre più incredibili. E poi vogliamo parlare della burocrazia, dei problemi con il commercialista, i fornitori, cartelle esattoriali, cercando di essere sempre all’avanguardia e sperare di riuscire a pagare tutto e tutti. Per poi scoprire a fine mese che dopo dieci o dodici ore di lavoro, il tuo guadagno raggiunge a malapena il dieci per cento del tuo incasso. A volte ti chiedi ma chi te lo fa fare. Eppure è quello che sai fare. Cercare di restare a galla a tutti i costi anche se i tuoi conti languono e la cifra del tuo fido bancario aumenta.

Ed eccoci arrivati alla sperimentazione del lockdown, dove stai a casa, dove sembra che tutto quel lavorio non esista più, tu che a malapena ti prendevi una settimana di ferie, ti ritrovi a passare intere settimane nel non fare niente.

Ad un certo punto ti rendi conto, che forse, quel darsi da fare continuamente senza sosta è stato inutile, in fin dei conti speri di prendere anche tu il reddito di cittadinanza. Tanto è poco meno di quello che ti restava come guadagno del tuo lavoro. Vedi che alla fine anche a quelli come te non dispiace restarsene a casa e quindi perché andare a manifestare? Perchè protestare contro un sistema che ormai ha già deciso cosa dovrà accaderti?

Per conto mio preferisco guadagnare poco ma continuare a lavorare, tra alti e bassi, tra paure e successi. Insomma preferisco lottare sempre e comunque.

Ma molti miei colleghi di tutte le categorie mi sa che hanno gettato la spugna. Peccato davvero.

Come immagino il mondo che desidero?

Semplice che i garantiti e i non garantiti, si sentano parte della stessa famiglia e che lottino gli uni per gli altri. Uniti tutti insieme saremmo invincibili. Invece, come sempre chi ci governa sa che ognuno è portato a tirare l’acqua al proprio mulino.

Sogno ancora una società unita e forte per il bene comune.

Combatterò ancora per questa mia illusione?

Ma certo che si.

La domenica mi serve per riallacciare le idee, per rimettermi in pari con il mio sentire.

Per cercare di raccontarmi la storia che il bene vincerà sempre e per sempre.

Non posso immaginare che i miei figli vivano in una società falsa e ipocrita. Voglio poter lottare per fare in modo di lasciare alle future generazioni le speranze, le ispirazioni e i sogni che avevo io quando ero giovane, per poter regalare un futuro migliore a loro, come hanno cercato di farlo per me i miei nonno e genitori.

Se Udine ieri fosse stata piena di persone che manifestava pacificamente, per ritornare alla dignità del lavoro, forse avremmo fatto la differenza. Una goccia in mezzo al mare certo, ma avremmo fatto vedere che nel bene o nel male, con o senza pandemia, il popolo friulano è unito.

Faccio un appello anche ai medici. Ricordatevi che avete l’obbligo morale di curare le persone, non abbandonatele, aspettando di curarle troppo tardi. Ringrazio comunque tutti i medici che sono stati così folli da andare contro ai protocolli sbagliati, perché hanno preferito fare il loro lavoro che essere governati da un sistema fallace.

Ringrazio quelle poche persone che ieri erano presenti alla manifestazione. Forse grandi sognatori come me.

Ringrazio chi, anche senza esporsi, cerca nel suo piccolo di fare la sua parte, per rendere comunque questa situazione migliore.

Ringrazio questa primavera fredda che è la metafora dello stato d’animo di questo periodo. Ci siamo raffreddati all’empatia.

Meno zona rossa e più zona azzurra. La zona che vive libera dentro di noi. Facciamola uscire. Condividiamola con gli altri.

Ricordiamoci che il rosso si è un bel colore, ma noi viviamo sul pianeta azzurro. Se i politici ci danno degli strani colori è solo per destabilizzarci.

Il pianeta che ci piaccia o meno è azzurro e allora azzurro sia.

Buona domenica

Lisa Emacora

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